L'intervento di papa Francesco

Risposte al Tavolo Lavoro ed economia

LA PACE VA PREPARATA

LA PACE VA PREPARATA

Maoz Inon e Aziz Sarah: «È un grande onore Papa Francesco essere qui. Lei è un leader della pace. Siamo qui con 12mila costruttori di pace. Vi portiamo parole di pace dalla Terra Santa».

Roberto Romano: «Cercherò di rendere efficace quello che è stato detto, perché in italiano non è la stessa cosa: “Alzo gli occhi con speranza, non attraverso il mirino dei fucili, canta una canzone per amore, non per la guerra! Non dire che il giorno arriverà, porta quel giorno perché è un sogno dentro di te; e in tutte le piazze della città, proprio in tutte credo, tifano solo per la pace!”
Questa era la prima poesia, cantico, elogio alla speranza. Adesso c’è una seconda rappresentazione di quello che possiamo vedere passo dopo passo: “Domani fioriranno i limoni, i tuoi occhi danzeranno, e i tuoi figli giocheranno ancora e padri e figli si incontreranno. La mia città, sì, proprio la mia città, la città della pace è la città degli ulivi.”».

«Papa Francesco mi chiamo Maoz Inon, vengo da Israele e i miei genitori sono stati uccisi da Hamas».

«Papa Francesco, mi chiamo Aziz Sarah, vengo dalla Palestina e questa guerra e i soldati israeliani mi ha tolto mio fratello».

«Il nostro dolore, la nostra sofferenza ci hanno avvicinati, ci hanno portati a dialogare per creare un futuro migliore. Noi siamo imprenditori e crediamo che la pace sia l’impresa più grande da realizzare. Siamo qui con Roberto Romano che condivide le nostre idee. Non ci può essere pace senza un’economia di pace. Un’economia che non uccide, che non produce guerra, un’economia invece basata sulla giustizia; e chiediamo: I giovani come possono essere imprenditori di pace quando i luoghi di formazione spesso sono influenzati da paradigmi tecnocratici e dalla cultura del profitto ad ogni costo?».

La risposta di papa Francesco: «Credo che davanti alla sofferenza di questi due fratelli, che è la sofferenza di due popoli, non si può dire nulla…, non si può dire nulla. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi. E questo non è solo coraggio e testimonianza di volere la pace, ma anche è un progetto di futuro. Abbracciarci. Ambedue hanno perso i familiari, la famiglia si è rotta per questa guerra. A che serve la guerra? Per favore, facciamo un piccolo momento di silenzio, perché non si può parlare troppo di questo, ma “sentire”. E guardando l’abbraccio di questi due, ognuno dal proprio cuore preghi il Signore per la pace, e prenda una decisione interiore di fare qualcosa perché finiscano le guerre. In silenzio, un attimo…

E pensiamo ai bambini in questa guerra, in tante guerre… Quale futuro avranno? Mi vengono in mente i bambini ucraini che vengono a Roma: non sanno sorridere. I bambini nella guerra perdono il sorriso. E pensiamo ai vecchi che hanno lavorato tutta la vita per portare avanti questi due Paesi, e adesso… Una sconfitta, una sconfitta storica e una sconfitta di tutti noi. Preghiamo per la pace, e diciamo a questi due fratelli che portino questo desiderio nostro e la volontà di lavorare per la pace al loro popolo. Grazie fratelli!».